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Piercarlo Necchi: Recensión de "Peisithanatos. Trattato della buona estinzione" (Marco Lanterna)

Publico el magnífico comentario de mi amigo, el profesor milanés PIERCARLO NECCHI, sobre el libro PEISITHANATOS. TRATTATO DELLA BUONA ESTINZIONE de Marco Lanterna


Piercarlo Necchi


Il pessimismo “lunare” di Marco Lanterna

Notizia del “Peisithanatos. Trattato della buona estinzione (Liberilibri, 2021)


A tutti gli amici e i “simpatizzanti” del Keiron-Club (il Circolo del Peggio) porto felicemente la notizia della recente uscita del libro del Selbstdenker Marco Lanterna, Peisithanatos. Trattato della buona estinzione (Liberilibri, Macerata, 2021).

L’opera – che si presenta nella forma della raccolta di frammenti e aforismi – costituisce la più recente perla (nera) nella tradizione del pensiero pessimista “antico-nuovo” e merita di essere iscritta a pieno titolo in quel "canone del peggio" che è forse la linea più originale e più propria (meno dipendente da correnti-movimenti di pensiero transalpini a Nord-Nord Ovest), ancorché minoritaria, del pensiero italiano: da Leopardi a Michelstaedter e Giuseppe Rensi, da Guido Ceronetti (in parte) a Manlio Sgalambro.

Il nucleo soggiacente di pensiero, il teorema implicito del libro – infatti – è sempre il medesimo dal detto di Sileno a Cioran e oltre: l’“inconveniente di essere nati” (e vivi). E quelli che Lanterna svolge sono i suoi corollari necessari. Compiendo però una mossa decisiva che stoppa a priori la consueta critica del pessimismo come la pretesa (che Nietzsche considerava “comica”) di giudicare e (s)valutare il Tutto. Come in un “collasso gravitazionale” filosofico e in una “paradossale reductio ad nihilum”, Lanterna “minimizza” il “tutto è male” di Schopenhauer-Leopardi & Co. e riconosce che “non tutto nel Cosmo è male, ma solo noi; non tutto nel Cosmo muore, solo noi”. Per mettere capo, coerentemente, a una sanzione senza appello della “negatività” della vita (di ogni forma di vita) e a una strage massiva di tutte le residue illusioni sull’uomo, della cui evoluzione, storia, politica, arte, religione, sapere, viene decretata l’inesorabile “nullità”. La “nada”.

Temi e idee antichi-nuovi, appunto, ma nella difficile arte della variazione l’essenziale restano sempre l’invenzione e l’espressione.

E l’immaginazione di Lanterna è un fuoco d’artificio continuo di figure, analogie e metafore sempre originali e talora inaudite: come quella dell’ “immane corpo-tonneau” del Cosmo “abiotico perché anti-biotico”, della “sostanza divina” dei tempi andati come “vulcano d’energia eruttaforme”, del nostro “sistema solare di provincia” o dello stile “tombolistico della Morte”. O come quando, a proposito del “dimenticato retaggio antropomorfico” dei concetti della metafisica, si dice che “se un polpo potesse filosofare, probabilmente frazionerebbe l’essere in otto”. Sono solo alcuni esempi, che si potrebbero moltiplicare tanti se ne trovano quasi in ogni pagina e nei quali si avverte anche il mood “ghignante” e “ilaro-tragico” che impregna molti dei pessimismi-nichilismi “mediterranei” da Gorgia di Lentini alla “velenosa fungaia” delle Operette morali di Leopardi (a riprova – come scriveva quest’ultimo – che “terribile e awful è la potenza del riso”).

Quanto alla lingua e allo stile – pensando a come si scrive oggi per lo più – quelli di Lanterna, forgiati sul berillo o l’alabastro dei grande moralisti “classici” (di cui è raffinato studioso e traduttore), suonano come letteralmente provenienti da altrove. Preparatevi ad aprire più d’una volta il dizionario.

Un libro fatto di frammenti è natura sui non-riassumibile.

Se c’è una cosa, però, tra le molte, che mi si è fissata in testa è questa.

Nel suo Canto notturno, il pastore errante dell'Asia di Leopardi rivolge alla “silenziosa” Luna una serie incalzante di sempre più abissali interrogativi, i quali – reducti ad unum – si risolvono in un’unica lancinante domanda di senso. La Luna, ovviamente, tace. (Lo stesso accadeva – forse a motivo di una certa coappartenenza essenziale tra 'interrogare' e 'poetare' – all'Islandese della famosa Operetta nel suo incontro con la Natura, la quale, rispetto all'interrogatorio e alle accuse che le venivano rivolte, se la cavava come un imputato che si appella al Quinto Emendamento).

Tutt'altro e originale il punto di vista del pessimismo lunare di Marco Lanterna, che – per così dire – si fa lunariano e non domanda, ma guarda e giudica la vita sub specie Lunae. E dai "mari tranquilli", dalle "vette vergini", dal "suolo ancor soffice e brullo", dalle "fosse inesplorate", nell'"albedo modesta" di questa "zitella fortunatissima" per essere scampata all'"atroce sfiguramento dell'organico", il bio-negativo “Persuadimorte” (questo il significato del titolo in greco, che era poi l’epiteto attribuito all’edonista tragico Egesia di Cirene) può fermamente emettere il suo "lunatico not to be". Id est: "E' di gran lunga preferibile un bel nichts” all’”accidente-incidente” di questa vita.

Confermando ex post la definizione di Gottfried Benn del "pessimismo esistenziale" come "dichiarata tendenza alla distruzione del germe vitale", non resta allora che esplorare e fantasticare le vie e i modi possibili di una “buona estinzione”.

Una volta Giuseppe Rensi scrisse che "il grandioso sforzo di Spinoza fu quello di guardare la realtà non con occhi umani, ma con quelli stessi della realtà [della Substantia infinita sive Deus sive Natura] se essa ne possedesse". Di intuire le cose "sub specie aeternitatis". Il conatus di Lanterna è invece quello di guardare questa vita con gli occhi della Luna.

E non è un bel vedere, questo è chiaro.


(Links:

Per chi fosse interessato ad approfondire, copio qui di seguito:

1. Il link a un’auto-presentazione del libro di Marco Lanterna per Rai-Cultura:

2. L’eccellente recensione di Annalisa Presicce “Marco Lanterna e l’ambita estinzione”, uscita on line per la rivista “Pulp. Quotidiano dei libri”:

3. Una breve “bio” dell’Autore:

Marco Lanterna, Milano 1973, vive tra Milano e Nizza. Pubblicista, critico letterario, pensatore indipendente, è cresciuto alla “scuola” dei filosofi Anacleto Verrecchia del quale ha curato i postumi Il cantore filosofo. Scritti su Wagner (2016) e Il mastino del Parnaso. Elzeviri e polemiche (2017) e di Sossio Giametta del quale ha curato i Capricci napoletani. Pagine di diario (2018). È inoltre traduttore e postillatore di moralisti tra cui Damien Mitton, Vauvenargues, Pierre Nicole.)


Aprile 2021

Piercarlo Necchi

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